sabato 3 gennaio 2009

Introduzione.

Non è facile scrivere la biografia d’una persona che non c’è più. Con la sua morte s’è persa la possibilità di farci raccontare e spiegare dal di dentro della sua esperienza umana di vita, di farci capire quali siano stati i momenti cruciali e più importanti che hanno determinato lo sviluppo della sua vita. S’è persa la possibilità di capire il perché d’un percorso originale di vita.
Nel caso di un prete, ad esempio, come è stato don Onelio, s’è persa la possibilità di capire quale sia stato il momento della svolta radicale, quello nel quale ha avvertito la chiamata al sacerdozio. Può essere stato anche il momento nel quale ha deciso di entrare in Seminario. Ma a undici anni non si è ancora in grado di fare ancora le scelte fondamentali per la vita. Se fosse ancora tra noi, vorrei chiedergli quale è stato il momento successivo, nel quale ha deciso di confermare per la vita la scelta di farsi prete, e quali siano state le motivazioni profonde che l’hanno indotto a dedicare la propria vita alla testimonianza della predicazione del Vangelo.
Allo stesso tempo gli vorrei chiedere come si sia sentito, il giorno che a trenta anni gli è stata diagnosticata la sclerosi multipla, quando ha saputo che avrebbe trascorso il resto della sua vita in carrozzella. Come poi è avvenuto. Come si sia sentito il giorno nel quale ha capito, che la sua vita sarebbe stata così diversa da come se l’era immaginata e l’aveva progettata.
“Parcè a mi Signor cheste cròs? Perchè Signore a me questa croce?” Vorrei sapere come si sia risposto a questa domanda. Anche se in effetti la risposta è in quella che sarà poi la sua vita, che cercherò di ricordare in queste pagine, con l’aiuto e la testimonianza delle persone che l’hanno conosciuto. Ma è la risposta che è venuta dopo, meditata. Vorrei sapere la risposta di quel momento, di come sia riuscito a fare sue le parole di Cristo nel Getzemani. “Padre mio se vuoi allontana da me questo calice di dolore. Però non sia fatta la mia volontà, ma la tua”
Anch’io l’ho conosciuto. E proprio perchè l’ho conosciuto, mi pare doveroso assumermi l’incarico di raccontarne la vita. Ho conosciuto una persona straordinaria, e mi sento in dovere di darne testimonianza. Il mio racconto potrà non essere all’altezza, dal punto di vista letterario, perché non sempre si riesce ad esprimere quello che si sente dentro, e si vorrebbe esprimere, e non è facile trasferire ad altri le emozioni che il contatto con una persona eccezionale, come è stato don Onelio, ti ha fatto provare. Oppure potrò non essere all’altezza del personaggio che voglio raccontare, perchè non l’ho conosciuto abbastanza a fondo, o piuttosto perchè non sono stato all’altezza di capirlo. Per questo mi farò aiutare da chi l’ha conosciuto meglio, da chi gli è stato più vicino, da chi ha condiviso con lui giorno dopo giorno l’esperienza terribile del proprio corpo che si irrigidisce e muore per il progredire inarrestabile della malattia.
L’ho conosciuto anch’io, quand’era già molto malato. L’ho conosciuto come si va a conoscere ed a trovare un ammalato: cercando di scherzare, di far in modo che dimentichi, piuttosto che cercando con lui di capire. E da questo fargli compagnia scherzando, è nato la biografia romanzata che ho scritto assieme a lui, e che ho pubblicato con il titolo “Anche domani sorgerà il sole”. Ma era appunto un modo di scherzare. Ora vorrei ripartire dal ricordo dei colloqui fatti con lui, pranzando alla mensa della Comunità Piergiorgio, per ricostruirne la vita, e non solo nei fatti. Vorrei a posteriori cercare di capirlo, nel suo pensare e nel suo sentire, per portarlo ad esempio, a me che scrivo ed a chi mi leggerà. L’esempio di un santo, o forse meglio di un martire del ventesimo secolo.
Nell’iconografia della Chiesa i martiri si riportano con in mano la pala del martirio. Per Don Onelio si può fare a meno della palma, ritraendolo nella carrozzella di disabile sulla quale ha passato la maggior parte della sua vita, si ritrae in quella carrozzella la palma d’un martirio più grande di quello della perdita della vita. E’ il martirio della vita che si perde un po’ alla volta, ogni giorno di più. Non la sofferenza di un attimo, ma la sofferenza di una vita! Un dolore senza speranza che scava il tuo cuore, come una goccia scava la pietra.
E se santo e martire è chi testimonia con la morte la propria adesione al Vangelo, don Onelio ha tutti i titoli per essere considerato tale, con la testimonianza d’una morte che è durata una vita intera, d’un sacrificio della propria vita che s’è consumato giorno per giorno, sempre più inchiodato alla sua carrozzella, come ad una croce.

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